VIRTUAL MUSEUM

La Realizzazione Immersiva del Passato: L’Importanza della Realtà Virtuale nell’Ambito dei Musei Archeologici

La realtà virtuale (RV) rappresenta una delle più significative innovazioni tecnologiche del XXI secolo, che ha rivoluzionato molteplici settori, tra cui l’ambito museale e, in particolare, i musei archeologici. Questa tecnologia offre la possibilità di creare esperienze immersive e coinvolgenti per i visitatori, consentendo loro di esplorare mondi passati e di interagire con reperti archeologici in modi prima impensabili. Questo articolo si propone di esaminare l’importanza della realtà virtuale nell’ambito dei musei archeologici, analizzando il suo impatto sulla fruizione museale, la conservazione del patrimonio culturale e la ricerca archeologica.

Fruizione Museale Arricchita

Uno degli aspetti più evidenti dell’uso della realtà virtuale nei musei archeologici è la sua capacità di arricchire l’esperienza del visitatore. Mentre i musei tradizionali spesso presentano reperti archeologici in esposizioni statiche, la RV permette ai visitatori di immergersi in ambienti virtuali che ricostruiscono fedelmente il contesto storico in cui gli oggetti esposti erano originariamente collocati. Questa immersione permette ai visitatori di comprendere meglio la cultura e la storia di civiltà passate, offrendo un senso di connessione e coinvolgimento emotivo che va al di là di quanto sia possibile con una semplice visione statica dei reperti.

Inoltre, la realtà virtuale consente ai visitatori di esplorare reperti in dettaglio, anche quelli che normalmente non sarebbero accessibili al pubblico a causa di restrizioni di sicurezza o di fragilità. Questa accessibilità aumentata è particolarmente significativa per i visitatori con disabilità, consentendo loro di partecipare appieno all’esperienza museale.

Conservazione del Patrimonio Culturale

Un altro importante vantaggio dell’uso della RV nei musei archeologici è la sua capacità di contribuire alla conservazione del patrimonio culturale. La manipolazione e la esposizione continua dei reperti archeologici possono causare danni irreparabili nel corso del tempo. La realtà virtuale offre un’alternativa preziosa, consentendo ai curatori di creare repliche digitali ad alta fedeltà dei reperti, che possono essere esplorate virtualmente dai visitatori. Questo riduce notevolmente il rischio di danneggiamento fisico e degrado dei reperti originali, garantendo la loro preservazione per le generazioni future.

Inoltre, la RV può essere utilizzata per documentare e catalogare reperti archeologici in modo accurato e dettagliato. Questa documentazione digitale può essere condivisa con la comunità scientifica e utilizzata per scopi di ricerca, contribuendo così alla nostra comprensione delle civiltà passate.

Contributo alla Ricerca Archeologica

La realtà virtuale non è solo una risorsa per i visitatori dei musei, ma anche per gli archeologi stessi. Gli archeologi possono utilizzare la RV per ricreare e testare ipotesi sulla disposizione degli oggetti e sulle dinamiche sociali delle civiltà antiche. Ad esempio, la ricostruzione virtuale di siti archeologici può fornire nuove prospettive sulla loro funzione e sulla vita quotidiana delle persone che vi abitavano.

Inoltre, la RV può essere utilizzata per addestrare nuove generazioni di archeologi, consentendo loro di esplorare virtualmente siti archeologici prima di affrontarli sul campo. Questa formazione virtuale può migliorare la loro capacità di riconoscere e interpretare i reperti in situ, contribuendo alla precisione e all’efficacia della ricerca archeologica.

Gli accertamenti effettuati al fine della fotomodellazione hanno prodotto risultati che possono essere affidabilmente considerati validi sia dal punto di vista della precisione metrica che della resa materica realistica nell’ambiente virtuale. In particolare, le rappresentazioni tridimensionali dei reperti consentono un grado di ingrandimento tale da permettere l’osservazione dettagliata, un’opportunità che risulta inaccessibile quando si tratta di oggetti fisici collocati in esposizione all’interno di teche.

Produktbild

Caratteristiche tecniche dello scanner usato e relativo Datasheet

  • Multifunctional Handheld 3D Scanner (Siemens Solid Edge Shining3D Edition)
  • Structured Light
  • Accuracy: 0.04mm
  • Point Distance: 0.2mm – 3mm

Conclusioni

L’uso della realtà virtuale nei musei archeologici rappresenta un notevole passo avanti nella presentazione, conservazione e ricerca del patrimonio culturale. La capacità di offrire esperienze immersive, migliorare l’accessibilità ai reperti e contribuire alla conservazione a lungo termine dei reperti archeologici rende la RV una risorsa inestimabile per la comunità museale e archeologica. Inoltre, la possibilità di esplorare il passato in modo interattivo offre ai visitatori una connessione emotiva e un’apprezzamento più profondo della storia umana. La realtà virtuale, quindi, gioca un ruolo cruciale nel rendere il patrimonio culturale accessibile e significativo per le generazioni presenti e future.

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DIGITAL ASSETS

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Questo oggetto è un Guttus ad anello (a vernice nera). La sua forma così particolare serviva a impreziosire questo contenitore riservato ad  olii profumati e unguenti. Il beccuccio aveva lo scopo di versare il liquido sulla pelle senza sprecarne il prezioso e costoso contenuto.   Siamo di fronte ad un oggetto il cui scopo poteva essere rituale o funzionale alla toilette femminile. Questa tipologia di reperto, riportato alla luce a Carife, è una produzione ceramica magnogreca, molto diffusa nel Sud Italia.

Più in generale Guttus, significa “vaso da cui il liquido fuoriusciva a goccia a goccia” [gutta in latino significa goccia] ed era usato per tanti scopi: tanto da  biberon (guttus tintinnabula non è il caso di questo reperto) quanto da contenitore per il profumo (come in questo caso). Questo Guttus ha accompagnato per più di due millenni una fiera sannita nel suo viaggio nell’oltretomba ed ora lo possiamo ammirare in questo museo virtuale.

 

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Questo piccolo reperto in terracotta che sembra un’anfora in realtà è una profumiera. L’uso del profumo come cosmetico, quindi con la funzione di inebriare l’olfatto è molto antica, come dimostrato da questo oggetto che era presente in uno dei corredi funebri delle tombe sannitiche di Carife ed è oggi conservato preso il Museo Civico di tale paese in provincia d’Avellino.  Il profumo era un elemento che da un lato ornava e ingentiliva la persona e dall’altro la poneva al cospetto degli dei.  Il termine che ancora oggi usiamo, profumo, è antichissimo e in principio era legato al suo uso sacrale. “Per fumum” in latino significa attraverso il fumo e non è un caso che ancora oggi si usi l’incenso durante alcune cerimonie religiose. Alcuni miti narrano di dei che donano profumi agli uomini: è il caso  di Afrodite e Faone.  Parallelamente alla produzione di profumi e balsami si rese necessario la realizzazione di oggetti atti a contenerli in modo tale che non perdessero la loro fragranza, i primi furono di terracotta, come questo di epoca sannitica, in epoca romana si diffusero sempre più i contenitori in vetro. Come si può bene immaginare, ora come allora, i profumi erano un bene molto costoso e anche in questo caso è stato posto nella tomba di una persona di alto rango per accompagnarla nel suo ultimo viaggio.

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Questo Cratere a figure Rosse testimonia la ricchezza e la complessità della storia delle aree interne della Regione Campania precedenti alla conquista da parte dei romani, avvenuta con la Terza guerra sannitica conclusa nel 290 a.C. Il vaso è stato rivenuto in una necropoli della Valle Caudina e ci mostra quanto fossero evidenti gli scambi commerciali tra le città greche della costa (cui è riconducibile la tipologia di reperto archeologico) e il mondo dei popoli italici che occupavano le aree Appenniniche.  Il cratere ora è custodito presso il Museo Archeologico Nazionale del Sannio Caudino di Montesarchio.

In generale, Il cratere è un vaso di grandi dimensioni, nella cultura greca era usato per miscelare del vino con acqua, per abbassare la gradazione alcolica (il vino del tempo era ben diverso da quello d’oggi: sicuramente più naturale ma più incline a divenire aceto) dopo che era mescolato ed eventualmente aromatizzato con delle spezie (in particolare i chiodi di garofano) era servito ai banchetti e in particolare a fine pranzo: nel simposio.

 

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Cratere a campana, ceramica a figure rosse campane. Gruppo della Tenia.

a) guerriero stante, con corta tunica e cinturone recante un vessillo di fronte ad una donna stante con lungo chitone.
b) protome equina

Fino a epoca Romana, questo tipo di vaso non cessò d’essere uno degli utensili indispensabili nelle case. Nel dettaglio, questo cratere a figure rosse (su sfondo nero) è riccamente ornato ed è posto a decorazione di un corredo funebre in una tomba sannitica e il suo scopo era probabilmente beneaugurante al trapasso del defunto.  Questo reperto è un manufatto di grande interesse storico perché testimonia che anche in queste terre, non colonizzate dalla civiltà greca, avevano un grande rilievo i miti, le tradizioni e le divinità elleniche. Questo Cratere ha una forma a campana rovesciata e con orlo svasato e presenta due anse orizzontali laterali per essere sollevato ed era rialzato su un piede con corto stelo. Questa tipologia di vaso ha origine nel periodo delle figure rosse, alla fine del IV secolo a.C.

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San Michele Room

Sant’Orsola Room

Stanza con reperti di Montesùarchio e Carife

Museo - Museo Civico Archeologico "G. Rambotti"